Take Five: emozioni su un pentagramma
Mostra organizzata presso La biblioteca civica centrale di Torino nell'ambito del Torino Jazz Festival 2018 - dal 27 aprile all'11 maggio 2018.
autori: Carlo Mogavero, Massimiliano Delpero, Massimo Novo, Patrizio Gianquintieri - jazz performance Alfredo Ponissi
Sinossi (Artists statement)
L’installazione consiste in una interpretazione fotografica del viaggio emozionale che i musicisti e gli ascoltatori intraprendono durante il flusso creativo di un brano o un concerto jazz. Come i musicisti di una band, quattro fotografi danno vita a una narrativa, allo stesso tempo personale e collettiva, fatta di oltre 30 immagini che creano un percorso visivo di suoni ed emozioni. Nella serata inaugurale, un musicista decodificherà le fotografie esposte facendole ritornare musica.
Colophon (di Daniela Floris)
Il fotografo musicale, che decide intraprendere la difficile arte del fotografare i musicisti durante i live, si trova a ritrarre anche suoni e emozioni, impresse sui volti e sui corpi degli artisti, nel momento in cui essi creano la loro musica. Questo è ancora più vero nel Jazz, dove l’improvvisazione è un creare ed immediatamente rendere fruibile una composizione estemporanea.
Il fotografo dunque immortala un atto creativo, fissandolo per sempre in un’immagine. Sceglie quel momento, e non un altro, perché in quel momento tra lui e il musicista si crea una comunicazione emotiva: chi sceglie di fotografare la musica ama la musica. Mentre guarda per cercare l’attimo, ascolta: ed è così, che lo trova. Ogni fotografo compie un suo percorso emozionale durante un concerto. Mette sé stesso in gioco, anche emotivamente, e ottiene in questo modo un’immagine espressiva.
In questa mostra quattro fotografi molto diversi tra loro, con una passione comune, il jazz, montano otto fotografie a testa su un pentagramma ideale che diventa la loro personale partitura di immagini, immagini pronte a diventare i suoni di un particolarissimo concerto. In fondo sono immagini scaturite a loro volta da suoni. Con loro anche un musicista, che ha collaborato al progetto: un quintetto, dunque. Cinque pannelli espositivi. Cinque le righe di un pentagramma. Take Five, suonava Dave Brubeck, con quel dinamismo che si percepisce procedendo nel percorso ragionato di una mostra del tutto inusuale e coinvolgente.
Nel pentagramma il bilanciamento tra le foto è totale, perché il fine è l’andamento armonico (sotteso o esplicito lo deciderà chi guarda) di una partitura insolita, ma composta di ritmo, note, impulsi, dinamiche…colori. Le emozioni ritratte sono state scelte con cura tra quelle presenti nella celebre ruota di Robert Plutchik.
In un concerto di Jazz quasi sempre si parte da una struttura predefinita e vi si improvvisa. In questa partitura di immagini l’improvvisazione (il fotografare secondo l’impulso emozionale) precede la composizione di quelle immagini, come note, in un pentagramma del tutto particolare. Ed è concepita in maniera rigorosa perché quelle emozioni siano espresse con la maggiore efficacia possibile. I due mondi così strettamente intrecciati, il giorno dell’inaugurazione, avranno la loro chiusura del cerchio con l’esecuzione, da parte dello stesso musicista che vi ha collaborato, della partitura fotografica: la sorgente sono i suoni, si arriva alle immagini, si ritorna ai suoni. I due mondi sensoriali si incontrano, si mostrano, alla luce del giorno, svelando
una relazione che fino ad oggi era rimasta, quasi sempre, nascosta.
il video
il video del vernissage qui
Mostra organizzata presso La biblioteca civica centrale di Torino nell'ambito del Torino Jazz Festival 2018 - dal 27 aprile all'11 maggio 2018.
autori: Carlo Mogavero, Massimiliano Delpero, Massimo Novo, Patrizio Gianquintieri - jazz performance Alfredo Ponissi
Sinossi (Artists statement)
L’installazione consiste in una interpretazione fotografica del viaggio emozionale che i musicisti e gli ascoltatori intraprendono durante il flusso creativo di un brano o un concerto jazz. Come i musicisti di una band, quattro fotografi danno vita a una narrativa, allo stesso tempo personale e collettiva, fatta di oltre 30 immagini che creano un percorso visivo di suoni ed emozioni. Nella serata inaugurale, un musicista decodificherà le fotografie esposte facendole ritornare musica.
Colophon (di Daniela Floris)
Il fotografo musicale, che decide intraprendere la difficile arte del fotografare i musicisti durante i live, si trova a ritrarre anche suoni e emozioni, impresse sui volti e sui corpi degli artisti, nel momento in cui essi creano la loro musica. Questo è ancora più vero nel Jazz, dove l’improvvisazione è un creare ed immediatamente rendere fruibile una composizione estemporanea.
Il fotografo dunque immortala un atto creativo, fissandolo per sempre in un’immagine. Sceglie quel momento, e non un altro, perché in quel momento tra lui e il musicista si crea una comunicazione emotiva: chi sceglie di fotografare la musica ama la musica. Mentre guarda per cercare l’attimo, ascolta: ed è così, che lo trova. Ogni fotografo compie un suo percorso emozionale durante un concerto. Mette sé stesso in gioco, anche emotivamente, e ottiene in questo modo un’immagine espressiva.
In questa mostra quattro fotografi molto diversi tra loro, con una passione comune, il jazz, montano otto fotografie a testa su un pentagramma ideale che diventa la loro personale partitura di immagini, immagini pronte a diventare i suoni di un particolarissimo concerto. In fondo sono immagini scaturite a loro volta da suoni. Con loro anche un musicista, che ha collaborato al progetto: un quintetto, dunque. Cinque pannelli espositivi. Cinque le righe di un pentagramma. Take Five, suonava Dave Brubeck, con quel dinamismo che si percepisce procedendo nel percorso ragionato di una mostra del tutto inusuale e coinvolgente.
Nel pentagramma il bilanciamento tra le foto è totale, perché il fine è l’andamento armonico (sotteso o esplicito lo deciderà chi guarda) di una partitura insolita, ma composta di ritmo, note, impulsi, dinamiche…colori. Le emozioni ritratte sono state scelte con cura tra quelle presenti nella celebre ruota di Robert Plutchik.
In un concerto di Jazz quasi sempre si parte da una struttura predefinita e vi si improvvisa. In questa partitura di immagini l’improvvisazione (il fotografare secondo l’impulso emozionale) precede la composizione di quelle immagini, come note, in un pentagramma del tutto particolare. Ed è concepita in maniera rigorosa perché quelle emozioni siano espresse con la maggiore efficacia possibile. I due mondi così strettamente intrecciati, il giorno dell’inaugurazione, avranno la loro chiusura del cerchio con l’esecuzione, da parte dello stesso musicista che vi ha collaborato, della partitura fotografica: la sorgente sono i suoni, si arriva alle immagini, si ritorna ai suoni. I due mondi sensoriali si incontrano, si mostrano, alla luce del giorno, svelando
una relazione che fino ad oggi era rimasta, quasi sempre, nascosta.
il video
il video del vernissage qui