Front and Back
Mostra del "Collettivo fotografi jazz Torino" presso la Piazza dei mestieri a Torino, esposta per tutto il 2023.
autori: Carlo Mogavero, Mamo Delpero, Stefano Barni, Marco Alessi, Antonio Baiano, Ferdinando Caretto.
ABSTRACT
Istanti della programmazione musicale della Piazza congelati per sempre nelle immagini che cercano di restituire i suoni e le emozioni provate non solo sul palco (Front) ma anche nel back stage prima e dopo i concerti (Back). I musicisti colti nelle loro performance di fronte al pubblico nel momento dell’esibizione, del virtuosismo e dell’interplay con il gruppo, ma anche i musicisti colti nella loro sfera più intima prima e dopo la salita sul palco con le loro attese e tensioni interiori. Una cascata di suggestioni che deve essere letta in modo emozionale ed istintivo, inseguendo le sensazioni trasmesse non solo tramite i canoni tradizionali della fotografia, ma soprattutto attraverso i significati del percorso visuale che la sensibilità dello spettatore riuscirà a costruire.
Colophon
Jazz per gli occhi
«Picture is performance», tagliava corto Richard Avedon, uno dei maestri assoluti della fotografia novecentesca. Perché ci piacciono tanto le fotografie di jazz? Perché ci troviamo di fronte a un’arte che ne interpreta un’altra. La fotografia è unaperformance, come il jazz. E, come il jazz, improvvisa. Il fotografo diventa un danzatore che si muove al ritmo della suamusa/partner e ne accompagna le coreografie. E’ il fascino di una attività che nel corso del processo cattura un singolo momento, volutamente parziale. Nel recente Volti nel tempo. Una storia del ritratto fotografico (Einaudi, 2022) lo studioso Phillip Prodger ha osservato che: «Le narrazioni incompiute ci invitano a entrare al loro interno, ma ci chiedono di completare la storia. Le fotografie hanno un’irrimediabile limitatezza temporale che è al contempo entusiasmante e frustrante». La migliore fotografia jazz sa forzare i limiti e ispirare altra arte. Per questo motivo ha suscitato riflessioni importanti. Il romanziere inglese Geoff Dyer ha scritto: «la fotografia riesce ad essere sensibile al suono come alla luce. Le migliori fotografie di jazz sono cariche di una loro sonorità». Gli amici del Collettivo Fotografi Jazz Torino sanno ascoltare la musica che si muove sul palco e fuori, come suggerisce il titolo della mostra. Sono pellicole viventi sensibili ai suoni e diventano i nostri occhi jazz.
Franco Bergoglio, saggista, scrittore
Mostra del "Collettivo fotografi jazz Torino" presso la Piazza dei mestieri a Torino, esposta per tutto il 2023.
autori: Carlo Mogavero, Mamo Delpero, Stefano Barni, Marco Alessi, Antonio Baiano, Ferdinando Caretto.
ABSTRACT
Istanti della programmazione musicale della Piazza congelati per sempre nelle immagini che cercano di restituire i suoni e le emozioni provate non solo sul palco (Front) ma anche nel back stage prima e dopo i concerti (Back). I musicisti colti nelle loro performance di fronte al pubblico nel momento dell’esibizione, del virtuosismo e dell’interplay con il gruppo, ma anche i musicisti colti nella loro sfera più intima prima e dopo la salita sul palco con le loro attese e tensioni interiori. Una cascata di suggestioni che deve essere letta in modo emozionale ed istintivo, inseguendo le sensazioni trasmesse non solo tramite i canoni tradizionali della fotografia, ma soprattutto attraverso i significati del percorso visuale che la sensibilità dello spettatore riuscirà a costruire.
Colophon
Jazz per gli occhi
«Picture is performance», tagliava corto Richard Avedon, uno dei maestri assoluti della fotografia novecentesca. Perché ci piacciono tanto le fotografie di jazz? Perché ci troviamo di fronte a un’arte che ne interpreta un’altra. La fotografia è unaperformance, come il jazz. E, come il jazz, improvvisa. Il fotografo diventa un danzatore che si muove al ritmo della suamusa/partner e ne accompagna le coreografie. E’ il fascino di una attività che nel corso del processo cattura un singolo momento, volutamente parziale. Nel recente Volti nel tempo. Una storia del ritratto fotografico (Einaudi, 2022) lo studioso Phillip Prodger ha osservato che: «Le narrazioni incompiute ci invitano a entrare al loro interno, ma ci chiedono di completare la storia. Le fotografie hanno un’irrimediabile limitatezza temporale che è al contempo entusiasmante e frustrante». La migliore fotografia jazz sa forzare i limiti e ispirare altra arte. Per questo motivo ha suscitato riflessioni importanti. Il romanziere inglese Geoff Dyer ha scritto: «la fotografia riesce ad essere sensibile al suono come alla luce. Le migliori fotografie di jazz sono cariche di una loro sonorità». Gli amici del Collettivo Fotografi Jazz Torino sanno ascoltare la musica che si muove sul palco e fuori, come suggerisce il titolo della mostra. Sono pellicole viventi sensibili ai suoni e diventano i nostri occhi jazz.
Franco Bergoglio, saggista, scrittore